Lo sfruttamento dei bambini: il fenomeno in Kenya e nel resto del mondo

Secondo i dati dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) pubblicati nel 2020, lo sfruttamento dei bambini è ancora un fenomeno altamente in auge. Infatti, un bambino su 10 è coinvolto nel lavoro minorile, per un totale di 152 milioni di bambini nel mondo (64 milioni femmine, 88 milioni maschi). La proporzione di bambini implicati in questo fenomeno nei Paesi più poveri del mondo è ovviamente ancora più alta, sono infatti circa 1 su 4. In particolare, la stessa OIL conta in Africa 73 milioni di bambini e bambine coinvolti nel lavoro minorile, di cui più di 30 milioni in lavori pericolosi, definiti “forme peggiori di lavoro minorile”.
I dati più attendibili riguardo il lavoro minorile in Kenya non sono recenti e risalgono al 2008, quando l’UNICEF contava più di 700.000 bambini coinvolti in tale fenomeno. Negli ultimi anni il Paese ha fatto progressi nella lotta al lavoro minorile, ma la situazione resta preoccupante. Infatti, i bambini kenioti continuano ad essere impiegati in lavori domestici, in lavori agricoli, nella pesca, ma anche nella vendita ambulante, nell’accattonaggio e nel traffico illecito di droga. Vi sono poi anche bambini kenioti che entrano a far parte della tratta di esseri umani all’interno e all’esterno del Paese, per poi divenire soprattutto vittime dello sfruttamento sessuale minorile a fini commerciali.

Lo sfruttamento dei bambini in città

Il fenomeno del lavoro minorile è in crescita nelle città, dove l’urbanizzazione aumenta le opportunità di lavoro accessibili e i bambini sono attratti dai “quick money jobs” (lavori dal guadagno veloce), come guidare le motociclette (boda-boda) per i ragazzi, e lavare i vestiti o fare pulizie domestiche per le ragazze. Vi sono infine molti bambini che lavorano all’interno delle discariche, come quella di Dandora, vicino alla quale opera Alice for Children. Questi bambini rovistano tra i rifiuti alla ricerca di vetri, metalli, plastiche e altri materiali di scarto nella speranza di poterli rivendere per guadagnare i pochi scellini necessari alla loro sopravvivenza e a quella della loro famiglia.
Lo sfruttamento dei bambini nel campo lavorativo è il prodotto combinato di molti fattori, come la povertà, le norme sociali e le leggi che lo permettono o non lo combattono, la mancanza di opportunità di lavoro dignitoso per adulti e adolescenti e la migrazione. Non è solo una causa, ma anche una conseguenza delle disuguaglianze sociali talvolta rafforzate dalla discriminazione. Tra le concause che costringono i minori a lavorare, vi sono la morte o la separazione dei genitori o il rifiuto a riconoscerli e a prendersene cura.
Ricerche in Kenya dimostrano infatti che i bambini orfani che vivono con i nonni o con altri tutori e i bambini che diventano capifamiglia sono più inclini a impegnarsi in attività lavorative a causa della povertà. A differenza delle attività che aiutano un bambino a svilupparsi, come contribuire ai lavori domestici per alcune ore alla settimana o lavorare durante le vacanze scolastiche, il lavoro minorile interferisce con la presenza a scuola ed è dannoso per lo sviluppo fisico, mentale, sociale e morale del bambino. Nel 2015 l’UNICEF contava che più di 1,2 milioni di bambini in età scolare in Kenya non frequentava la scuola, mentre l’UNESCO che il 23% dei bambini kenioti tra i 7 ed i 14 anni abbinava un lavoro alla presenza scolastica.

Il lavoro di Alice for Children

Alice for Children opera in Kenya supportando 950 bambini con il Sostegno A Distanza, facendosi carico del pagamento della divisa e delle tasse scolastiche. Questo aiuto permette ai bambini di essere sempre presenti a scuola!
Infatti, sono frequenti i casi nelle baraccopoli di Nairobi di bambini che non vanno a scuola per interi trimestri perché la famiglia non è in grado di pagare le tasse scolastiche. Il Sostegno A Distanza permette inoltre ai bambini di accedere alle cure mediche gratuitamente.
Tra i bambini sostenuti a distanza ve ne sono circa 50 che soffrono di malattie terribili come AIDS ed anemia falciforme. Senza questo aiuto, per le famiglie sarebbe impossibile sostenere i costi dei trattamenti medici e per i bambini non sarebbe possibile essere a scuola con continuità per i sopracitati problemi di salute.
Inoltre, l’organizzazione provvede ad offrire il pranzo a scuola a tutti i 670 bambini che frequentano Claires Primary School a Dandora, i 1350 di Grapesyard Primary School ed i 487 di Nasipa Primary School, le scuole con cui collaboriamo da diversi anni. Il pasto offerto in queste scuole risulta spesso essere l’unico pasto certo di cui i bambini possono nutrirsi. Il pagamento delle tasse scolastiche, l’assistenza sanitaria ed il cibo sono per le famiglie beneficiarie un supporto necessario per sopravvivere e per garantire che i loro figli possano stare lontani da qualsiasi lavoro o forma di sfruttamento ed accedere all’educazione primaria.
 
 

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