democrazia in africa

La democrazia in Africa: il punto della situazione

Per capire lo stato di salute della democrazia in Africa, occorre fare un minimo di inquadramento storico. Sessant’anni fa la maggior parte dei paesi del continente africano viveva la decolonizzazione, il processo di riconquista dell’indipendenza dalle potenze coloniali occidentali. Il cosiddetto “anno dell’Africa“, il 1960, corrispose con la parziale cessazione dell’influenza politica degli stati europei e con l’appropriazione del modello politico democratico.

Oggi, molte delle realtà si fregiano del nome di repubbliche democratiche, ma di queste etichette prendono solo il nome. Se persino in Europa e negli Stati Uniti, patrie di questo assetto politico, spesso si sente parlare di crisi della democrazia, facilmente possiamo immaginare le difficoltà che affronta la democrazia in Africa, dove la storia politica all’indomani dell’indipendenza è stata molto travagliata.

Dal momento che l’Africa è un continente e non una realtà unitaria liquidabile con un giudizio, bisogna considerare che ci sono stati virtuosi sotto il profilo democratico, altri in crisi nonostante le buone premesse, e infine entità statuali non democratiche. In alcuni casi, i paesi affrontano problemi interni, come le disuguaglianze economiche, la concentrazione del capitale in gruppi ristretti e una forte corruzione, o esterni, il dilagare delle insurrezioni locali di ribelli e di gruppi jihadisti.

Democrazia in Africa: paesi virtuosi e no!

L’Economist ha elaborato un sistema di classificazione e definizione dello stato di salute delle democrazie nel mondo. In base ai parametri di riferimento del Democracy Index uno stato è più o meno democratico se presenta un processo elettorale improntato al pluralismo, rispetta le libertà civili, l’entità della funzione del governo, c’è partecipazione politica e cultura politica. L’index divide le nazioni in ‘Democrazie compiute’, ‘Democrazie imperfette’, ‘Regimi ibridi’ e ‘Regimi autoritari’.

Stando al report dell’Economist, i casi virtuosi di democrazia in Africa sono le Mauritius, il Botswana, Cabo Verde e il Sudafrica nell’Africa Subsahariana, così come la Tunisia nel Maghreb. Di queste, solo le Mauritius, Botswana e Sudafrica sono gli unici due paesi sub-Sahariani a rientrare fra le ‘Democrazie compiute’, mostrando punteggi molto alti in tutti gli indicatori.

La Tunisia è considerata lo stato più avanzato del Nordafrica, a livello democratico, ma oggi vive grandi sconvolgimenti dopo che è diventato evidente lo scontro istituzionale fra il presidente Saied, autore del colpo di stato, e il parlamento; in Etiopia il primo ministro, nonché premio Nobel per la Pace, Abiy Ahmed si trova a governare col pugnodi ferro una nazione lacerata dalla guerra civile al nord, nella regione del Tigray, contro i separatisti tigrini; il Sudafrica, storicamente lo stato più occidentalizzato del continente, non riesce a risolvere le sue disuguaglianze interne a livello economico ed etnico e assiste  alle rivolte e ai saccheggi per le strade.

Tutti gli altri regimi politici che presentavano una qualche forma di pluralismo, competizione multipartitica e istituzioni democratiche vere e proprie si sono trasformati in regimi autoritari. In alcuni stati, come ad esempio Kenya e Zambia, i “padri della patria” Jomo Kenyatta e Kenneth Kaunda hanno rapidamente trasformato i loro paesi in regimi presidenziali a partito unico, rimanendo al potere per molti anni e cedendo ai loro delfini la carica di presidente. In altri stati, tra i quali Nigeria e Sierra Leone, la stabilità democratica dei primi anni Sessanta ha presto lasciato la scena a un susseguirsi di colpi di stato, dittature militari e, almeno in alcune fasi, anche guerre civili. 

Democrazie in Africa: le minacce e i problemi

L’espansione nel 2020 delle attività sanguinose di gruppi jihadisti come Boko Haram, Stato Islamico, e ramificazioni di al-Qaeda in Africa occidentale, che stanno lottando per stabilire un califfato regionale, è una grande sfida per le democrazie nella regione. Il jihadismo è alimentato da diversi fattori, alcuni esterni e alcuni specifici dell’Africa occidentale. Questi ultimi includono il vuoto di potere, una perdita di fiducia nelle autorità civili e istituzioni democratiche, il senso di emarginazione soprattutto nelle regioni remote e povere.

Questi fattori sono rilevanti in gran parte dell’Africa subsahariana, ma il jihadismo è decollato particolarmente in Sahel. Burkina Faso e Mali sono stati entrambi declassati da “regimi ibridi” a “regimi autoritari” nel 2020. Nessuno dei due governi ha il pieno controllo sul proprio territorio e l’insicurezza dilagante in Mali ha provocato un colpo di stato nell’agosto 2020 da parte di ufficiali militari danneggiati dalla mancanza di progressi contro gli insorti. Da allora una giunta militare ha istituito un governo di transizione in Mali, annullando l’esito delle libere elezioni parlamentari tenutesi nel marzo 2020.

Per questo motivo, il Mali è sceso di 11 posizioni a livello globale, la seconda peggiore performance nell’Africa subsahariana dietro il Togo, che è calato di 15 posizioni a causa di elezioni irregolari e la seguente repressione dell’opposizione. Il jihadismo in Africa è un tema che merita grande attenzione, poiché oltre ad essere un fattore determinante per l’instabilità politica e una minaccia per le democrazie africane è rilevante per l’Europa e i paesi occidentali, timorosi di una rinascita del terrorismo islamico a livello globale. 

Democrazia in Africa: il ruolo dell’istruzione

Ne 2022 si terranno in Kenya le elezioni presidenziali, che vedranno contrapporsi essenzialmente due candidati, rappresentante dell’establishment kenyota, di una forma dinastica di gestione del potere, Uhuru Kenyatta e Odinga Raila. In un contesto come quello del Kenya, dove la democrazia è formale più che sostanziale, le disuguaglianze sono grandissime e i diritti di donne e bambini non sono rispettati.

Alice for Children, che lavora nelle baraccopoli di Nairobi da più di 15 anni, opera anche per aiutare i giovani dello slum a sviluppare sempre più una coscienza democratica, attraverso l’educazione.

Solo una popolazione istruita e formata può infatti pretendere il rispetto dei propri diritti democratici, così come può difendere le strutture democratiche esistenti e messe sempre più a repentaglio.

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