Le discariche non vengono costruite senza una logica: difficile trovarle in centri urbani industrializzati, con vita e fermento, vicino a scuole private o centri ricreativi di qualsiasi genere. Senza alcuna casualità, le discariche in tutto il mondo vengono poste in aree povere, in cui è impossibile protestare o pensare anche solo lontanamente di avere una scelta. Lo stesso accade nelle discariche in Africa, la più grande pattumiera del mondo.
Mbeubeuss, Senegal
Sorvolando la discarica di Mbeubeuss a nord di Dakar, Senegal, sembra quasi un luogo innocuo di circa 175 ettari dove lavorano le persone in serenità. Osservandola da terra invece, Mbeubeuss è una distesa di colline contaminate da rifiuti maleodoranti, insetti, disseminata di incendi che emanano fumi tossici, e dove lavorano i circa 2500 residenti della piccola cittadina adiacente. La discarica a cielo aperto riflette il crescente consumismo del Senegal dovuto all’aumento del benessere nel paese e alla globalizzazione del commercio di rifiuti: dove un tempo venivano gettati tutti i rifiuti organici della zona, ora c’è una marea di rifiuti elettronici e chimici.
Un recente studio sulle discariche del mondo ha identificato Mbeubeuss come una delle 50 più grandi del mondo.
Discariche in Africa: Agbogbloshie
Ogni anno, il mondo produce più di 40 milioni di tonnellate di rifiuti. Molte aziende, per sopperire a questo ennesimo disastro ecologico, stanno tentando di riconvertire i vecchi strumenti elettronici a fronte di crearne nuovi con gli stessi pezzi. Serve a poco, quasi niente. Ognuno di noi ha uno smartphone, un computer, magari cuffie per ascoltare musica, un e-reader, un tablet, uno smartwatch; ma anche un forno a microonde, televisori, sveglie e tanto altro ancora. Sono tonnellate di rifiuti che non potranno essere smaltiti, anche a causa dell’obsolescenza interne a ogni mezzo tecnologico. Produciamo, compriamo, buttiamo. In media ogni due anni. Di tutti questi, solo il 14% viene riciclato. Il resto, è tutta spazzatura.
Molti di questi rifiuti, che in Occidente hanno vissuto una piena vita e tranquillamente sono stati sostituiti, raggiungono il Ghana, dove si trova la discarica di Agbogbloshie, e qui, uomini, donne e bambine, a mani nude raccolgono rame, alluminio e tutti i materiali che possono essere riutilizzati. Così il mercato riprende vita, ma a spese loro.
Il riciclaggio di questi prodotti elettronici porta la società ghanese ad avere apparecchi che, altrimenti, non potrebbero permettersi. Ma passa tutto attraverso il mercato nero. Lo stesso mercato che riesce a riutilizzare una minima parte di questi materiali. Il resto dà lavoro alle bracchia ghanesi, che smantellano, pesano, e rivendono i pezzi ricavati. Per estrarre il rame, i cavi devono essere bruciati. I rifiuti serpeggiano tra le strade. A fianco, uno degli slum più inquinati al mondo. Ne conseguono malattie respiratorie, tumori in età infantile, e una mortalità non tanto sorprendentemente elevata.
Per noi, è una storia già sentita. Perchè in Africa, si trova un’altra discarica a cielo aperto, la più grande del continente, a Nairobi.
Discariche in Africa: Dandora
A Nairobi, tra lo slum di Korogocho e Dandora, si trova una delle discariche a cielo aperto più grande del mondo: Dandora dump site. Gestita dalla mafia locale, obbliga uomini, donne e bambini a raccogliere rifiuti dalla mattina alla sera per pochi centesimi al giorno. Incrementa il mercato nero, lo sfruttamento minorile e le malattie. La combustione dei rifiuti provoca fumi chimici, le cui conseguenze sono un’aria estremamente inquinata.
Nel 2006, era stato avviato un progetto di dislocazione: l’intento era allontanare i fumi e i gas inquinanti dalla popolazione, per evitare quel dilagare di malattie che stava decimando la popolazione. Ma il progetto, tra le altre cose appoggiato dallo Stato italiano, è stato abbandonato per una strana gestione degli appalti.
Le discariche in Africa, quella di Agbogbloshie come quella di Dandora, sono circondate dagli slum, le baraccopoli di chi lavora tra i rifiuti. Si vive nella povertà, nel degrado, nella completa assenza di diritti umani. Si è ombre in mezzo ai rifiuti.
Ogni giorno, più di due tonnellate di rifiuti vengono scaricati da camion che fanno avanti e indietro dalla zona. La politica è inetta, mentre 10.000 persone, ogni giorno, si recano a Dandora per lavorare tra i rifiuti: rifiuti medici, organici, plastica e materiali elettronici.
Le discariche in Africa e nel mondo
A contendersi il primato come discariche più inquinate al mondo sono: Agbogbloshie dump ad Accra, Ghana; Awotan a Ibadan, Nigeria; Dandora a Nairobi, Kenya; Bantar Gebang tip a Bekasi, Indonesia e Deonar dump e Mumbai, India. Si è inoltre osservato che il 40% dei rifiuti globali, sono smaltiti in queste 50 discariche a cielo aperto, localizzate in prossimità di città che si stanno espandendo dei paesi in via di sviluppo – in particolare in Africa.
Secondo il team di esperti provenienti da 4 continenti, questi siti sono delle bombe a orologeria dai punti di vista della salute e dell’inquinamento. “le problematiche ambientali più comuni sono legate alla contaminazione dell’acqua, delle falde acquifere e del suolo. L’inquinamento aereo invece è dovuto agli incendi dei rifiuti direttamente in discarica che generano fumi altamente tossici. Inoltre tutti coloro che lavorano o vivono in prossimità dei siti riscontrano problemi di salute di tipi gastro-intestinale, dermatologico, respiratorio e genetico”.
La crescita delle dumping site colpisce la salute di circa 60 milioni di persone nel mondo e non sono problemi meramente locali, ma costituiscono un rischio per la salute della comunità mondiale.
Alice for Children a Dandora
Il dramma è esistenziale. Alice for Children opera attivamente per allontanare uomini, donne e bambine dalle discariche in Africa. L’obiettivo è portare educazione e istruzione, formazione lavorativa, assistenza sanitaria, cibo e un sostegno alle famiglie negli slum di Nairobi. Ma il dramma è enorme: la popolazione di Dandora non vuole chiudere le discariche, non crede che esistano alternative alla vita che hanno ora. È comprensibile questa visione, dopotutto. La loro unica entrata finanziaria deriva dalla raccolta dei rifiuti da rivendere al mercato nero: se la discarica di Dandora chiudesse, rimarrebbero senza soldi.
Per questo motivo, i vari progetti umanitari a Nairobi, tra cui Alice for Children, opera attivamente al fine di eliminare lo sfruttamento del lavoro nelle discariche, ma soprattutto creare alternative sociali, economiche e lavorative.
La chiusura delle discariche in Africa non è l’obiettivo finale: la soluzione può essere solo un percorso di comprensione e realizzazione, ma soprattutto un’alternativa concreta alla vita attuale.
Fonti:
Jacopo Ottaviani, La repubblica dei rifiuti elettronici, Internazionale.
Diego Masi, Viaggio alla scoperta di una discarica africana, YouTube.