Maratoneti kenioti

Perché i maratoneti kenioti sono i migliori al mondo?

Non occorre essere esperti di maratona o di corsa su lunga distanza per sapere che, da diversi decenni, gli atleti kenioti dominano queste discipline sportive in maniera indiscussa.

Per dare l’idea, si pensi che dei 25 migliori tempi della storia della maratona – che vanno da 2 ore 3 minuti e 13 secondi a 2 ore e 35 secondi -, 19 (dei quali i migliori quattro) sono detenuti da corridori del Kenya.

Un altro dato può aiutare a capire l’eccezionalità di questi atleti: nella storia, 17 uomini statunitensi hanno corso una maratona in un tempo inferiore alle 2 ore e 10 minuti, mentre 32 corridori kenioti ci sono riusciti nella stessa gara, corsa nell’ottobre del 2011.

Attualmente, peraltro, il record mondiale, equivalente a 2:00:35, è detenuto da Kelvin Kiptum, maratoneta keniota tragicamente scomparso all’inizio del 2024 in un incidente stradale, a soli 24 anni. Oltre al dolore per la scomparsa prematura, resteranno per sempre gli interrogativi su quanto avrebbe potuto migliorare tale record e se sarebbe stato il primo uomo della storia a scendere sotto le due ore in una maratona.

Ma perché sono i migliori al mondo?

Da tempo in molti si chiedono quale sia il segreto che permette ai corridori del Kenya di performare così bene e di essere sostanzialmente i migliori del mondo.

Sulla base delle varie ricerche effettuate da esperti e conoscitori del mondo dello sport, della scienza e della cultura del Kenya, la risposta che si può dare a tale interrogativo è complessa e variegata, oltre che molto interessante ed istruttiva.

Genetica

Il primo fattore – a cui spesso viene attribuito tutto il successo degli atleti kenioti – è la genetica.

La maggior parte dei corridori del Kenya appartiene al gruppo etnico dei Kalenjin – che costituisce circa il 10% della popolazione del Paese -, noto per i fisici snelli, le gambe lunghe e affusolate e un’elevata capacità polmonare: tutte caratteristiche ottimali per correre su lunghe distanze.

Da un punto di vista puramente fisico avere una piccola percentuale del peso corporeo lontana dal baricentro permette ai corridori di oscillare con maggiore facilità, avendo quindi milgiore efficienza nella corsa.

Secondo alcuni ricercatori, inoltre, questi atleti potrebbero anche avere una percentuale maggiore di fibre muscolari a contrazione lenta, che permetterebbero una più elevata resistenza alla fatica e un più efficiente sfruttamento dell’ossigeno disponibile.

Nonostante la predisposizione genetica – che è peraltro messa in dubbio da alcuni -, essa non costituisce l’unica risposta alla domanda iniziale.

Ambiente

Un altro elemento da tenere in considerazione è l’ambiente geografico in cui i corridori kenioti nascono, crescono e si allenano. La maggior parte di loro, infatti, è originario della regione della Rift Valley, un’area del Kenya occidentale situata ad un’altitudine di circa 2000 metri sopra il livello del mare.

Vivere e allenarsi ad alta quota può aumentare la produzione di globuli rossi, con un conseguente maggior apporto di ossigeno ai muscoli e, quindi, un miglioramento delle prestazioni, soprattutto quando effettuate a quote più basse.

Inoltre – almeno per quanto riguarda l’attuale generazione di corridori e quelle precedenti – molti atleti kenioti iniziano a correre in tenera età, semplicemente come mezzo per andare a scuola o per aiutare nelle faccende domestiche. Ciò contribuisce a sviluppare una conoscenza del proprio corpo, delle proprie potenzialità e della gestione della fatica sin dall’infanzia, poiché la corsa non è solamente una disciplina sportiva, ma parte integrante della vita quotidiana.

Cultura

Forse il fattore più importante che plasma i corridori kenioti è la cultura nella quale crescono immersi. Come detto sopra, la corsa non rappresenta solo uno sport o un hobby, ma uno stile di vita e una fonte di orgoglio. Le tradizioni e i modelli della cultura keniota valorizzano profondamente il duro lavoro, la disciplina e la perseveranza.

Per fare un esempio: quando il corridore di Kipchoge Keino – keniota di etnia Kalenjin – sconfisse l’allora detentore del record mondiale Jim Ryun nella finale dei 1500 metri alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, non solo vinse la medaglia d’oro, ma diede anche inizio all’era del dominio keniota.

Si scoprì in seguito che i medici avevano proibito a Keino di partecipare alla gara a causa di un’infezione alle cistifellea che gli era stata diagnosticata e che avrebbe potuto portarlo alla morte se avesse corso.

Tuttavia, l’atleta non solo partecipò sopportando l’immenso dolore, ma conquistò anche la medaglia d’oro.

Un altro esempio: così come altre tribù etniche del Kenya, anche quella dei Kalenjin pratica cerimonie di iniziazione per gli adolescenti che prevedono la sopportazione del dolore, una su tutte la circoncisione. La resistenza mentale e fisica è quindi vista come un valore in sé, che deve essere coltivato e preservato.

Motivazione

I corridori kenioti, in generale, sviluppano anche un forte senso di comunità e supporto reciproco, poiché si allenano insieme in gruppi e partecipano a camp sotto la guida di allenatori esperti. La corsa, in Kenya, è anche vista come un mezzo per raggiungere il benessere economico e il riconoscimento sociale, poiché molti corridori keniani provengono da contesti economico-sociali svantaggiati e le sfide che affrontano durante la vita sono svariate.

I migliori corridori kenioti vincitori di titoli internazionali, come Kipchoge e Kipruto, hanno cambiato le loro vite in meglio e sono considerati come degli “eroi nazionali”, contribuendo ad ispirare le generazioni più giovani a seguire le loro orme, dedicandosi con perseveranza alla corsa.

Parigi 2024

Il 10 agosto si correrà la maratona, uno dei principali eventi delle Olimpiadi di Parigi 2024, nella quale si sfideranno i migliori corridori al mondo. Tra i favoriti, come sempre, ci sono degli atleti kenioti, uno su tutti Eliud Kipchoge, a caccia del terzo oro olimpico consecutivo nella maratona.

Solo la gara più iconica di sempre potrà dirci se riuscirà nell’impresa.

Condividi:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn