cos'è il sostegno a distanza

Cos’è il sostegno a distanza?

Quando si decide di fare una donazione ad un’organizzazione che si occupa di bambini meno fortunati si entra spesso in contatto con il concetto di sostegno a distanza. Ma cos’è il sostegno a distanza?

Cos’è il sostegno a distanza?

Il sostegno a distanza, o adozione a distanza, è un gesto di amore verso un bambino, che vive in un paese lontano e che può rappresentare una grande speranza per il suo futuro.
Le organizzazioni che si occupano di adozioni a distanza sono strutture di solidarietà e di beneficienza che cercano di aiutare lo sviluppo dei paesi poveri, tutte utili a questo obiettivo.

Alice for Children opera nelle baraccopoli di Nairobi da più di 15 anni, uno dei luoghi più poveri del pianeta. Qui migliaia di bambini lavorano ogni giorno nella discarica di Dandora, raccogliendo rifiuti a mani nude per pochi centesimi al giorno.

Grazie al nostro programma di sostegno a distanza, oggi più di 3000 bambini possono andare a scuola, essere aiutati da un punto di vista medico e alimentare e avere un futuro.
Con un 1 euro al giorno è possibile cambiare, davvero, la vita di un bambino.

Ma il sostegno a distanza non significa solo questo. Sostenere un bambino significa poter avere un contatto diretto con lui, scrivergli e parlarci direttamente tramite le chiamate Skype, sviluppare un vero e proprio rapporto con lui. Vuol dire poterlo conoscere di persona, tramite i nostri i viaggi organizzati nei progetti in Kenya.

Ma cosa significa, davvero, il sostegno a distanza?

Per capire davvero cosa vuol dire sostenere un bambino a distanza, il modo migliore è leggere le parole di Silvia, nostro genitore a distanza, in cui ricorda l’incontro, avvenuto di persona, con la bimba che sostiene, ogni giorno, a distanza.

“Ricordo che il giorno dell’incontro mi venne un gran mal di pancia. Poi, una volontaria venne a chiamarmi e mi disse: “Silvia, c’è la tua bimba”. Vi giuro: il mal di pancia lo dimenticai in un secondo!  Era tanto bella, dolce e tanto tanto timida. Non sono mai stata brava con l’inglese e prima della partenza iniziai un corso in lingua per riuscire, anche un minimo, a comunicare con lei, ma non servì: non parlammo molto, giocammo, disegnammo…  A volte mi piace tornare indietro nel tempo e riguardo le nostre foto. Tra tutte, ce n’è una che ricordo con estremo piacere: eravamo sedute, disegnavamo e lei mi fissava. Era come se mi parlasse con gli occhi.”

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