giornata mondiale della terra

Giornata mondiale della terra 2023: un focus sull’Africa

La Giornata mondiale della Terra, o Earth Day, è il nome usato per indicare il giorno in cui si celebra l’ambiente e la salvaguardia del pianeta Terra.
Le Nazioni Unite, insieme a istituzioni dei vari paesi e a organizzazioni non governative, celebrano questa giornata ogni 22 di aprile, ovvero un mese e un giorno dopo l’Equinozio di primavera.
Una giornata per porre al centro del dibattito pubblico la salute del nostro pianeta e gli effetti debordanti che i cambiamenti climatici stanno avendo sulla vita di milioni di persone.

La Giornata mondiale della Terra iniziò ad essere celebrata già dal 1962, anno di pubblicazione del libro, e manifesto ambientalista “Primavera silenziosa”, scritto dalla biologa statunitense Rachel Carlson. Un vero e proprio fondamento dell’ambientalismo moderno e che ha dato il via ad un grande movimento ecologista.

La Giornata mondiale della terra in Africa

Proprio in una giornata così importante diventa ancora più necessario chiedersi quale sia la situazione climatica in un continente come l’Africa, dove già fenomeni come la desertificazione sono in grande espansione e colpiscono sempre più parti del territorio.

Fenomeni, quelli del cambiamento climatico, che l’Africa contribuisce a creare in modo molto marginale.
Un dato paradossale è infatti che la popolazione africana soffre degli effetti di un fenomeno che non ha concorso a scatenare. Infatti, gli studi attestano che il consumo di idrocarburi e la produzione di emissioni di C02 e di gas serra dei Paesi africani hanno numeri bassi e marginali in rapporto ai dati assoluti a livello globale: le emissioni qui generate ammonterebbero infatti a solo l’1% delle emissioni globali.

L’innalzamento delle temperature nel Sahel, la fascia geografica africana che comprende Senegal, Gambia, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Sudan, Eritrea, sta infliggendo danni gravissimi al territorio.

Le conseguenze in Africa dei cambiamenti climatici

Nell’arco degli ultimi dieci anni, in Africa, è aumentata l’incidenza di ondate di calore capaci di alzare il rischio di siccità prolungate, carestie, conflitti o di tensioni per il controllo delle risorse, tra cui l’acqua e le derrate alimentari, divenute più scarse e costose a seguito della perdita dei raccolti. Se a questi fenomeni climatici si sommano una corruzione diffusa e l’azione spesso spregiudicata di multinazionali occidentali, il quadro è chiaro: il cambiamento climatico sta esacerbando a dismisura le crisi in paesi già fragili degenerando in conflitti e migrazioni forzate. 

Il numero dei migranti climatici è in aumento, attestandosi come le nuove vittime e i nuovi attori del dramma del cambiamento climatico che sta investendo l’Africa.  Di loro si sa poco e la letteratura scarseggia, ma la disinformazione circa il cambiamento climatico in Africa sembra un problema generalizzato. Infatti, un problema drammatico è rappresentato dalla esiguità di informazioni relative all’effettivo stato dei cambiamenti climatici nel continente, dal momento che sul in molti casi mancano gli strumenti necessari a valutare l’intensità dei fenomeni e a formulare previsioni affidabili. 

Le informazioni in nostro possesso potrebbero essere incomplete e poco precise. La carenza di conoscenze non costituisce solo un problema per i ricercatori ma soprattutto per le persone che abitano il continente, che vengono travolte da periodi di siccità, inondazioni e cicloni improvvisi, e non sono in grado di prepararsi a contenerne i danni.

Il caso del Kenya

In Kenya, la siccità sta imperversando e mettendo a rischio la vita di due milioni di abitanti. Di questi, molti sono bambini e bambine, destinate a patire ogni giorno la fame e la sete a causa della penuria di materie prime. Il loro diritto al cibo e alla sicurezza alimentare è così disatteso e messo a repentaglio. Il Paese non investe sufficienti risorse nella ricerca: nel 2019 il governo aveva messo a disposizione 19,5 milioni di dollari, a fronte dei 52,4 milioni di dollari richiesti, e quest’anno solo 13 milioni. 

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) stima che il governo avrebbe bisogno di stanziare l’equivalente di circa 73 milioni di euro nell’ambito alimentare. Ma non sappiamo se sarà in grado di farlo e quanti potranno beneficiare degli effetti di tali investimenti. 

La formazione delle baraccopoli attorno alla città di Nairobi, in particolare quelle di Korogocho e Dandora, sono anche l’esito della migrazione interna di molte persone dalla campagna alla città a seguito del peggioramento delle condizioni lavorative nei campi, determinato dall’innalzamento delle temperature.

Come sempre, a subire gli effetti più devastanti delle crisi, e fra queste quelle climatiche sono le più frequenti, ci sono i bambini e le bambine. Alice for Children opera in Kenya presso le baraccopoli di Dandora e Korogocho da quindici anni, proprio a difesa dei diritti di bambini e bambine. 
Guardiamo con molta preoccupazione ai cambiamenti climatici in Africa in atto, dal momento che sappiamo bene come questi si ripercuotano sulle migliaia di persone che ogni anno accorrono a Nairobi in cerca di lavoro e che finiscono quindi per vivere all’interno delle baraccopoli.

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