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Femminicidio – Il Kenya scende in piazza contro la violenza

“Nel 2023, abbiamo registrato 152 casi di femminicidio. Questo numero sconcertante rappresenta solo i casi riportati dai media. Il numero reale è verosimilmente molto più alto”.

Così si apre il portale di Femicide Count Kenya, un’organizzazione che si occupa di monitorare la situazione in cui le ragazze e le donne keniote sono costrette a vivere, tenendo continuamente aggiornata la triste lista di tutte le donne che hanno perso la vita per mano di un uomo.

Il 2024 appena cominciato, allo stesso modo, non fa ben sperare: sono già quattordici – stando ai dati diffusi dai media kenioti – i femminicidi che hanno scosso il Paese nelle prime settimane di gennaio.

I dati allarmanti

Dall’analisi Silencing Women, effettuata dal collettivo Africa Data Hub, emergono alcuni dati allarmanti, che rivelano come la condizione della donna in Kenya (così come in moltissimi altri Paesi del mondo) sia ancora ben lontana dalla parità e la pienezza in termini di diritti. 

Se si parte dalla relazione che c’è tra la vittima e il carnefice, emerge che nel 75% dei casi l’autore del reato è un uomo che conosceva la donna: marito, compagno, parente o amico.

Grafico sulle relazioni tra vittima di femminicidio e carnefice.
Fonte: Africa data Hub

Nella maggioranza dei casi, poi, il crimine viene compiuto nell’ambito di liti familiari: la ragione può essere una qualsiasi discussione domestica o il tentativo della donna di allontanarsi dalla relazione.

Strettamente legato al soggetto che compie il femminicidio è il luogo dove esso si verifica: nell’80% dei casi è la casa. Uno spazio che, per definizione, dovrebbe rappresentare un rifugio si trasforma in una trappola. Questo aspetto della questione si lega ad un altro dato significativo: il femminicidio, molto spesso, è preceduto da abusi sistematici da parte del convivente. Come evidenziato da un rapporto dello UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine), “le uccisioni perpetrate dai partner intimi sono raramente spontanee o casuali e dovrebbero essere esaminate come l’atto estremo di un continuum di violenza di genere che rimane sottostimato e troppo spesso ignorato”.

Il gruppo demografico più colpito dalla violenza di genere in Kenya è di gran lunga quello compreso tra i 18 e i 35 anni, ma le statistiche mostrano come sia sufficiente essere donna per potersi ritenere a rischio di subire abusi o di essere uccisa.

Fonte: Africa data Hub

Riguardo alle conseguenze e i procedimenti giudiziari che prendono avvio a seguito degli episodi di femminicidio, il quadro disegnato dall’analisi non è confortante.

L’eccessiva durata dei processi è il sintomo più evidente di un malfunzionamento del sistema incaricato di tutelare le donne e punire e rieducare i colpevoli. Le cause a monte di ciò sono svariate: indagini svolte in maniera superficiale, assenza di testimoni, registri di polizia mancanti, trasferimenti delle figure chiave coinvolte nel procedimento. Tutti elementi che richiederebbero un approccio sistemico e trasversale per poter essere risolti, efficientando la macchina della prevenzione e della punizione dei reati commessi.

Le manifestazioni di piazza

Alla luce della situazione delineata dai dati, non stupiscono – e anzi rappresentano un segnale incoraggiante – le imponenti manifestazioni che hanno riempito le strade di Nairobi e delle maggiori città del Kenya sabato 27 gennaio 2024. Si tratta del più grande evento mai tenutosi nel Paese contro la violenza di genere.

#StopKillingUs #EndFemicideKe e #WeJustWantToLive sono stati gli slogan sotto i quali fiumi di donne e ragazze si sono radunate chiedendo alle istituzioni azioni concrete per contrastare il fenomeno.

Il fatto che fossero presenti – seppur costituendo una netta minoranza – anche tanti uomini è un segnale positivo che fa sperare in una sempre crescente risposta agli appelli alla consapevolezza e alla presa di responsabilità, come quello lanciato dall’attivista Boniface Mwangi, che ha invitato tutti gli uomini kenioti “ad esprimersi a gran voce e con fermezza contro il femminicidio”, essendo un problema che coinvolge tutti e tutte, come membri della stessa società.

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