violenza sessuale in africa

Violenza sessuale in Africa, la pandemia ha peggiorato la situazione

La violenza sessuale in Africa è purtroppo una piaga molto diffusa. Il suo incremento è considerato la pandemia nella pandemia, o “la pandemia ombra“, l’effetto collaterale drammatico e ignobile del COVID 19 che ha inquietato la vita della popolazione a livello globale, soprattutto quella femminile, aggravando la situazione nel continente africano.

I lockdown durante la pandemia di COVID-19 hanno impattato pesantemente sulla vita delle donne, aumentandone l’esposizione a partner violenti e a fattori di rischio, limitando al contempo il loro accesso ai servizi. Infatti, le situazioni di crisi umanitarie, come l’emergenza sanitaria in corso, comportano quasi sempre un aumento dell’incidenza delle violenze sessuali perpetrate da partner intimi o da non partner.

Prima di parlare di violenza sessuale in Africa

La violenza sessuale è “qualsiasi atto sessuale, tentativo di ottenere un atto sessuale o altro atto contro la sessualità di una persona per mezzo della coercizione  da parte di  qualsiasi persona, indipendentemente dalla sua relazione con la vittima, in qualsiasi contesto. Include lo stupro, definito come l’atto fisico forzato o la penetrazione forzata della vulva o dell’ano con un pene, o un’altra parte del corpo o oggetto, il tentato stupro, o il contatto sessuale indesiderato e altre forme di contatto“.

Un’analisi dell’Organizzazione mondiale della sanità dei dati raccolti fra il 2000 e il 2018 in 161 paesi ha rilevato che in tutto il mondo quasi 1 donna su 3 ha subito violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner intimo o da parte di una persona che non fosse il suo partner.

Casi di violenza sessuale in Africa

In linea con il Protocollo di Maputo “ogni donna dovrebbe avere il diritto alla dignità inerente a un essere umano e al riconoscimento e alla protezione dei suoi diritti umani e legali”. Nonostante ciò, la violenza sessuale e di genere rimane un problema strutturale e sistemico in molti paesi africani, con le donne vulnerabili particolarmente a rischio. La Carta africana, il Protocollo di Maputo, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e altri strumenti regionali e internazionali prevedono meccanismi per affrontare la violenza contro le donne, la discriminazione di genere e la disuguaglianza strutturale.

Tuttavia, l’attuazione in molti paesi africani è ancora insufficiente e le donne continuano a essere vittime di varie pratiche dannose, soprattutto quando si trovano in situazioni di vulnerabilità. 

La Liberia ha registrato un aumento del 50% della violenza di genere nella prima metà del 2020. Tra gennaio e giugno, sono stati denunciati più di 600 casi di stupro. Il numero per l’intero 2018 è stato di 803 nel paese dell’Africa occidentale. Anche la Nigeria ha visto un aumento della violenza sessuale durante il coprifuoco. Due casi a giugno, in cui giovani donne sono state violentate e uccise, hanno scioccato il Paese, come Il caso di Vera Uwaila Omozuwa, la studentessa ventiduenne di microbiologia assalita in una chiesa a Benin City.

Lo Stato nigeriano di Kaduna ha recentemente introdotto una legge che consente la castrazione chimica degli stupratori di bambini di età inferiore ai 14 anni. In seguito alle proteste popolari, tutti i governatori dello stato hanno dichiarato lo stato di emergenza a causa della violenza di genere. Anche in Sudafrica la situazione è critica. A maggio 2020, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che “Il flagello della violenza di genere continua a perseguitare il nostro Paese, poiché gli uomini del nostro Paese hanno dichiarato guerra alle donne”.

Alice for Children contro la violenza sessuale in Kenya

La violenza sessuale in Africa riguarda anche il Kenya. Qui i media locali hanno riferito che quasi 4.000 studentesse sono rimaste incinte quando le scuole sono state chiuse durante il lockdown . Nella maggior parte dei casi sarebbero state violentate da parenti o agenti di polizia. Le autorità del posto hanno persino incolpato i genitori delle ragazze e delle bambine: quando il lockdown è cominciato avrebbero portato le figlie dai parenti nelle campagne, per poi ritornarsene in città, abbandonandole.

Nello slum di Korogocho, a Nairobi, tristemente noto per essere una delle baraccopoli più affollate del continente, i casi di violenza sono aumentati da 123 in febbraio a quasi 800 a giugno 2020. Esiste un centro di assistenza per le donne, ma il problema è che spesso sono persone intrappolate nella loro condizione di povertà e dipendenza dal marito. 

Alice for Children opera proprio a Korogocho ; sappiamo che occorre affrontare questo grave problema e ci impegniamo affinché le donne e i bambini possano godere dell’adeguate protezione. Dati attendibili sulle violenze domestiche, gli stupri e i matrimoni precoci negli slum sono difficili da ottenere, ma sappiamo per certo che la strategia migliore perché questi non avvengano è dotare le donne e le bambine delle conoscenze e della consapevolezza  dei loro diritti e degli strumenti per contrastare il fenomeno, lavorare per il loro empowerment.

Il primo passo per riuscirgli è di certo portarle a scuola e dare loro la speranza per un futuro migliore.

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