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Emergenza abitativa ai tempi del Covid

Parliamo di emergenza abitativa ai tempi del Covid, partendo da una citazione quanto mai emblematica.

“C’erano una volta in quel luogo delle persone che non erano umane”.

Inizia così un articolo di un quotidiano keniota online che parla di ciò che è successo nella baraccopoli di Kariobangi la scorsa settimana. La mattina del 4 maggio, infatti, più di 7000 persone si sono ritrovate senza casa quando delle ruspe accompagnate dalla polizia hanno abbattuto le baracche dove abitavano.

Secondo l’amministrazione comunale, la terra sulla quale sono state costruite quelle baracche (e per le quali gli abitanti dello slum pagano un affitto mensile) appartiene alla Nairobi City Water Sewerage Company che adesso ne reclama l’utilizzo. Alcuni abitanti di quella parte dello slum sostengono di non aver ricevuto alcuna comunicazione di ciò che stava per accadere, mentre altri dichiarano di aver avuto solo 24 ore per lasciare la loro abitazione e cercarsi un’altra sistemazione.

L’emergenza abitativa ai tempi del Covid

Indipendentemente da quanto tempo sia stato dato a queste persone per allontanarsi dalle loro baracche, lo sfratto e la demolizione arrivano con un tempismo a dir poco inappropriato: a Nairobi è ancora in vigore un lockdown ferreo e alle persone è sempre vietato lasciare la propria abitazione senza un motivo di comprovata necessità.

Come vi abbiamo raccontato le restrizioni del governo e il coprifuoco stanno causando molti più danni e vittime del COVID-19: le conseguenze del lockdown sulla vita degli abitanti dello slum stanno assumendo i contorni di una crisi alimentare, economica e sociale che difficilmente si risolverà presto. Le persone che si sono ritrovate senza un tetto sulla testa con tutta probabilità avevano già perso il lavoro e avuto grosse difficoltà a reperire del cibo e a mantenere le loro famiglie. 

Qualche giorno dopo le demolizioni, gran parte delle persone sfrattate hanno manifestato contro le azioni dell’amministrazione comunale bruciando degli pneumatici e occupando alcune strade della capitale. I responsabili degli sfratti non solo non si sono giustificati, ma hanno anche distrutto il mercato più grande di Korogocho, dove la maggioranza degli abitanti di questa baraccopoli si procura gli alimenti di prima necessità.

Le domande sul perché si sia decisa questa azione proprio in questo momento di estremo pericolo e difficoltà per la popolazione della città di Nairobi sono tante e purtroppo non hanno ancora (e forse non avranno mai) una risposta soddisfacente e sensata.

Quello che è evidente, come sostiene un giornalista del già citato quotidiano online, è che come sempre le persone che abitano le baraccopoli sono state trattate come “soggetti da governare, non come cittadini di cui prendersi cura”.

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