Abel sogna in grande.
Gioca a calcio e sogna di giocare nel Barcellona. Guarda il cielo stellato sopra il buio della baraccopoli, e sogna di diventare ingegnere aerospaziale.
Sogna a briglia sciolta, immagina per sé e per la sua famiglia una vita felice, piena. Lontana dalla povertà delle baraccopoli.
No, non è mai facile realizzare i propri sogni. Ma se, come Abel, hai otto anni e vivi in una baracca di una sola stanza a Dandora, uno dei grandi slum intorno a Nairobi, diventa ancora più difficile.
Se, come Abel, sei nato con l’HIV, diventa quasi impossibile.
Abel ha contratto la malattia da sua madre, sieropositiva, che non sapeva di esserlo quando è rimasta incinta.
Oggi la madre di Abel accudisce da sola 5 figli e lavora saltuariamente come lavandaia. Non ha la possibilità di sfamare in modo corretto i propri figli; di certo non può pagare le rette scolastiche per dare loro un’istruzione.
E questo, per Abel, sembrava essere una condanna.
Un bambino sieropositivo non ha bisogno soltanto di medicine, ma anche di una dieta e di uno stile di vita adeguato per potersi mantenere in forza e per reagire correttamente alle cure.
Ha ancora più bisogno di cibo per sostenersi, per crescere. E per sognare in grande come tutti i bambini.
Cibo e sostegno che da sola, la madre, non poteva assicurargli.
Ma per fortuna di Abel, tutto è cambiato. Da 4 anni è sostenuto a distanza e questo gli dà la possibilità di ricevere il cibo e le cure mediche di cui ha bisogno.
La sua malattia è sotto controllo, viene curata e non pregiudica più la sua crescita.
Soprattutto, può finalmente andare a scuola, dove giorno dopo giorno può trasformare i suoi grandi sogni in obiettivi.
Ed in futuro, se continuerà a crescere in questo modo, da obiettivi in realtà.