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La difficile condizione delle donne Maasai

La condizione della donna nella società odierna è ancora lontana dalla parità con la figura maschile, in termini di diritti e libertà. Nonostante ciò, esistono luoghi e società nel mondo in cui la situazione è maggiormente critica e le differenze tra uomo e donna sono particolarmente accentuate. Questo fenomeno è evidente all’interno delle società di molti Paesi del continente africano.

Le donne Maasai

La comunità Maasai, stanziata al confine tra Kenya e Tanzania, costituisce un esempio molto chiaro di società patriarcale, in cui la donna è relegata in una posizione nettamente secondaria e subordinata rispetto alle esigenze e le scelte della figura maschile.

Le donne Maasai, come riportato dal MGEF (Maasai Girls Education Fund), sono ancora oggi destinate a condurre una vita di povertà e oppressione culturale. Nonostante, nel tempo, alcuni passi avanti siano stati compiuti, la strada che porta alla piena emancipazione della figura femminile è ancora lunga.

Si pensi, per esempio, che fino alla scorsa generazione soltanto il 20% delle donne Maasai in Kenya si iscriveva a scuola. Oggi questo dato sfiora il 50%, anche grazie alla riforma del 2003, che ha reso l’educazione primaria gratuita in Kenya. Dando una lettura critica, significa che – ancora adesso – una ragazza Maasai su due non frequenta la scuola primaria. Se si considera la scuola secondaria, il numero scende addirittura a una ogni dieci.

L’assenza di un percorso e una dimensione scolastica nella vita delle ragazze Maasai porta con sé pesanti conseguenze sotto svariati aspetti.

Non andare a scuola, per una ragazza, significa non ricevere una formazione che possa  darle gli strumenti intellettuali per comprendere quali sono i diritti che le spettano e in grado di favorirne l’emancipazione. Non frequentare la scuola significa anche non avere alcun impegno in termini di tempo, né un obiettivo di lungo termine. Ecco che allora agli occhi della famiglia, che su di lei ha completo potere decisionale, una ragazzina risulta pronta per il matrimonio. Intorno ai 12 anni, moltissime ragazze vengono sottoposte a mutilazione genitale e successivamente il padre sceglie per loro un uomo, in cambio di bestiame e denaro offerti in dote dal marito.

Una volta contratto il matrimonio, ad una donna Maasai non sarà mai consentito divorziare – eccezion fatta per i casi di abuso fisico – né risposarsi, nemmeno se il marito che il padre ha scelto è un uomo anziano che muore quando lei è ancora giovane. In questo caso, la ragazza passerà sotto l’autorità di uno dei fratelli del marito deceduto. In ogni caso, entra a far parte della moltitudine di mogli che ad ogni uomo della comunità Maasai è consentito avere.

Secondo la visione fortemente maschilista che caratterizza la società Maasai, la donna avrà come compito primario nella propria vita fare figli e prendersi cura di loro, oltre che delle faccende domestiche come l’approvvigionamento di acqua e legna e il lavaggio dei vestiti. Si tratta quindi di un sistema socio-culturale che nega alle donne qualsiasi diritto umano fondamentale: il diritto all’istruzione, il diritto al controllo del proprio corpo, il diritto a scegliere quando e con chi sposarsi, il diritto ad esprimere un’opinione e a prendere una decisione in maniera autonoma.

A ciò si aggiunga che le condizioni di vita a cui una donna Maasai è destinata non sono incoraggianti nemmeno sotto il punto di vista sanitario: la sua aspettativa di vita si aggira intorno ai 45 anni.

L’unica soluzione per invertire questa tendenza e permettere alle donne Maasai di acquisire indipendenza e autonomia, è l’istruzione. Tanto semplice a parole, quanto difficile nei fatti. 

Gli ostacoli

Quali sono gli ostacoli che impediscono o, comunque, rallentano fortemente l’emancipazione della figura femminile nelle comunità Maasai?

In primis, si tratta di un fattore economico. La tribù dei Maasai è, in generale, molto povera. Si tratta, infatti, di una comunità che storicamente è rimasta fortemente legata alle tradizioni. Spesso ha dovuto fare i conti con i cambiamenti prodotti dalla modernità e il processo non è stato indolore, soprattutto per le donne: nel mantenimento dell’apparato culturale tradizionale, la comunità Maasai ha aderito ad un sistema di valori profondamente ingiusto e discriminatorio, in cui i diritti delle donne e delle ragazze vengono sistematicamente compressi. L’istruzione prevede dei costi che, per quanto talvolta irrisori, le famiglie non sono in grado di sostenere e, nei casi in cui ciò è possibile, viene data priorità ai figli maschi.

Si pensi inoltre all’incentivo a dare in sposa una figlia giovane che la dote nuziale – sotto forma di bestiame e denaro offerto dal marito – costituisce dal punto di vista economico. 

La mancanza di disponibilità economica si traduce, quindi, in maniera diretta nell’impossibilità di seguire un percorso di studi e ricevere un’istruzione completa ed emancipatoria, ma costituisce solo uno degli aspetti problematici della questione, che comprende anche profili sociali e culturali.

Vi è poi la diffusa convinzione che la famiglia, in generale, non tragga alcun beneficio dall’investire nell’educazione delle figlie, poiché destinate a diventare parte della famiglia del futuro marito, sulla quale si avranno eventuali ricadute positive (la figlia femmina, peraltro, non ha alcun diritto all’eredità da parte della propria famiglia d’origine).

Dal momento che il “valore” di una donna – nella cultura Maasai – è misurato in base al numero dei figli e che, allo stesso tempo, le gravidanze premature e precedenti al matrimonio sono considerate un disonore, deve indignare ma non può stupire come il fenomeno dei matrimoni precoci sia ancora così diffuso e radicato in questa comunità etnica.

Esiste anche un ordine di ragioni più “materiali”, ma non meno incisive: la distanza fisica e la difficoltà negli spostamenti. Solitamente, una sola scuola deve fungere da punto di riferimento per diversi villaggi nel raggio di 15-20 chilometri. L’unico mezzo di trasporto di cui i Maasai dispongono, specialmente i bambini e le bambine, sono le proprie gambe. Ecco che un’azione quasi scontata come andare a scuola diventa un’impresa anche a causa di barriere fisiche.

A tutti i problemi elencati sopra, quindi, si aggiunge il fatto che molte ragazze vengono tenute a casa da scuola da parte dei genitori che temono per la loro incolumità durante i lunghi tragitti.

L’azione di Alice for Children

Analizzato il problema e la cause che ne sono all’origine e individuata quella che – unanimemente – è la soluzione, è possibile elaborare azioni efficaci.

È proprio ciò che Alice for Children, dal 2006, fa in Kenya, nel distretto di Rombo, ai piedi del Kilimanjaro. Mediante progetti articolati su più fasi e ambiti di intervento, abbiamo coinvolto l’intera comunità Maasai della zona per portare all’attenzione delle famiglie l’importanza della scuola per i loro figli e mostrare i benefici che un percorso educativo porterà per loro e per la comunità stessa.

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