covid in africa

Non avere scelta: il Covid-19 in Africa

“Sapevo che potevo essere arrestato o contagiato, ma le persone come me non hanno scelta: ho bisogno di poter pagare l’affitto del negozio e di casa, comprare da mangiare e far andare avanti la mia vita”.
Joseph, venditore di vestiti usati a Nairobi, in merito alla situazione COVID in Africa.

Sotto la soglia della povertà in Africa

Joseph è una delle tante persone che a Nairobi svolgono un lavoro in nero e che vivono sotto la soglia di povertà. Anche in una situazione di normalità, gli abitanti degli slum come lui raramente riescono a guadagnare il necessario per sopravvivere. A causa del lockdown e della paura del virus il contesto delle baraccopoli è diventato, come racconta Joseph, ancora di più un luogo in cui “solo i più forti sopravvivono”, dove non esistono cassa integrazione né aiuti economici da parte dello stato. Il nostro staff keniota ci tiene costantemente aggiornati sulla situazione delle famiglie di cui ci occupiamo, ecco cosa ci hanno raccontato.

Essere senza scelta: il covid in Africa

Tra i molti provvedimenti discutibili presi dal governo keniota per evitare il diffondersi del COVID in Africa, c’è stato il divieto di recarsi all’interno della discarica per lavorare. Tralasciando per il momento l’assurdità della decisione (visto che il lavoro in discarica è pericoloso per la salute di chi ci lavora a prescindere dal diffondersi del COVID in Africa come nel mondo), questo divieto ha creato molti problemi alle famiglie degli slum. Le nostre assistenti sociali ci raccontano ad esempio che le mamme dei bimbi del nostro asilo nido, che normalmente raccolgono rifiuti da riciclare in discarica, non stavano lavorando e quindi non stavano guadagnando nulla. Alcune di loro hanno comunque cercato di recarsi al lavoro ma i controlli erano molti e, come sappiamo, la polizia non esita a usare la forza in caso di violazioni. Al lockdown si è aggiunto il fatto che risultava impossibile rivendere i rifiuti da riciclare: i materiali raccolti venivano infatti venduti a intermediari che poi li portavano in Uganda per il riciclo, ma a causa della chiusura dei confini, questo “commercio” risulta impossibile. 

I mercanti di vestiti: le conseguenze del COVID in Africa

Un altro gruppo di lavoratori che sta subendo gravi danni è quello dei venditori di vestiti, che lavorano principalmente nel mercato di Gikomba, vicino a Korogocho. Nonostante questa piazza di smercio sia rimasta aperta, pochissime persone si sono azzardate a frequentare le sue bancarelle. La “social distance” era impossibile da rispettare negli stretti spazi del mercato e la maggior parte delle persone aveva paura sia di contrarre il virus che di essere multata o arrestata dalla polizia. Alcuni venditori sfidavano la paura del contagio e delle violenze per poter guadagnare almeno qualcosa, ma molti di loro sono affetti da malattie croniche gravi oppure vivono fuori Nairobi e a causa del lockdown non potevano entrare nella capitale. 

Donne che si occupano del bucato altrui e che fanno le pulizie, lavoratori in fabbrica e per aziende edili, venditori ambulanti: tutte persone che non potevano lavorare e che non stavano guadagnando, e che quindi non potevano procurarsi il denaro sufficiente neanche per comprare da mangiare. 

Come dice Joseph, a Nairobi la maggior parte delle persone non ha scelta

Il COVID in Africa ha colpito la popolazione in maniera differente rispetto all’Occidente, ma le conseguenze sono state le stesse: perdita del lavoro e aumento della povertà. In Africa e, nel particolare, nelle baraccopoli di Nairobi, questo significa non avere più una prospettiva per il futuro.

Condividi:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn