concetto di famiglia in Africa

Qual è il concetto di famiglia in Africa?

Ognuno di noi ha la sua idea di cosa la parola “famiglia” voglia dire e nessuna di queste idee può essere considerata sbagliata o inesatta.

Tuttavia, sappiamo che di paese in paese, di cultura in cultura, esiste un concetto di “famiglia” che cambia insieme alla società e alla tradizione a cui appartiene e che si trasforma con il passare del tempo. In Africa, ed in particolar modo in Kenya, dove operiamo da più di 15 anni, questo concetto assume un significato molto speciale.

L’”Ubuntu” alla base della famiglia keniana

Anche in Kenya, come è successo nella maggior parte del mondo, le famiglie si sono trasformate, in particolare nel corso degli ultimi decenni. La tecnologia, la globalizzazione, l’urbanizzazione, e altri fenomeni hanno portato soprattutto nelle città grandi cambiamenti nelle tradizioni che da sempre accompagnavano la struttura e i ritmi delle famiglie keniane.

C’è un pensiero però (o meglio, una filosofia) rappresentativo di molte culture africane, che ancora influenza il modo in cui i keniani pensano e costruiscono le loro famiglie e che condiziona il concetto di famiglia in Africa. Stiamo parlando del modo di vivere basato sul termine Ubuntu:

in lingua bantu, Ubuntu significa “umanità” e indica, per estensione, “benevolenza verso il prossimo”. È una regola di vita, basata sulla compassione, il rispetto dell’altro. Appellandosi all’ubuntu si è soliti dire Umuntu ngumuntu ngabantu, ovvero “io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo”. 

Cosa vuol dire “famiglia” in Kenya

Il concetto di famiglia in Africa, e soprattutto in Kenya, porta quindi a considerare la famiglia in modo esteso, in cui non solo genitori e figli, ma anche zii, nonni e cugini interagiscono e contribuiscono al sostentamento del nucleo famigliare. Nucleo famigliare che, invece, si espande notevolmente, fino a includere diversi gradi di parentela. Dato che l’ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, crescere i bambini, per esempio, è considerato un compito di tutti i componenti della famiglia, non solo dei genitori. In alcune famiglie keniane, addirittura, i bambini chiamano la zia “mamma giovane” o “mamma vecchia”, a seconda che l’età della zia sia superiore o inferiore a quella della madre.

L’importanza della famiglia per un giovane keniano è davvero grandissima. Per un uomo e una donna keniani, formare una famiglia è una priorità e la più grande fonte di orgoglio. I bambini sono considerati la vera ricchezza di una famiglia e un vero e proprio dono, sia per i genitori che per l’intero villaggio o comunità. 

La famiglia alla base della comunità degli slum

All’interno delle grandi città, e quindi anche delle baraccopoli in cui lavoriamo, il concetto di Ubuntu si sta lentamente indebolendo, in favore di un maggiore individualismo, acuito anche dall’incredibile povertà che colpisce gli abitanti degli slum di Nairobi. Tuttavia, anche in questo contesto così difficile le famiglie delle baraccopoli continuano a muoversi e agire come una comunità unita, in cui avere una famiglia estesa e numerosa è simbolo di ricchezza e della fiducia che si ripone in tutti i membri della stessa.

Il concetto di famiglia in Africa come famiglia estesa diventa fondamentale quando le condizioni di vita negli slum non permettono a un padre o una madre di poter provvedere al sostentamento dei bambini, che troveranno aiuto e accoglienza all’interno della casa di uno zio, di una nonna o addirittura di un vicino. 

Molto spesso infatti i bambini delle baraccopoli non hanno uno o entrambi i genitori; questa rete di relazioni son sviluppata e così stretta rappresenta quindi una grande forma di aiuto per migliaia di bambini, che possono spesso contare non soltanto sui genitori o sui parenti più prossimi, ma su molte persone che possono aiutarli, e che posso aiutarsi a vicenda.

Il concetto di famiglia in Africa, così diverso rispetto alla concezione occidentale, può rappresentare per un bambino dello slum un aiuto fondamentale per la sua sicurezza e la sua crescita.

Condividi:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn